E' stato di recente pubblicato un ottimo articolo sulla necessità di somministrare l’acido folico in gravidanza, al fine di prevenire possibili malformazioni fetali.

In questo mio articolo desidero focalizzare le problematiche di reale biodisponibilità che si possono avere nella somministrazione di questa importante vitamina, sia che per via dietetica che tramite supplementazione con integratori e prodotti specifici, e che possono di conseguenza determinare uno stato carenziale, pur assumendone quantitativi teoricamente adeguati.   

L’acido folico è chimicamente equivalente all’acido pteroilglutammico, che risulta dalla combinazione di tre identità molecolari ovvero l’acido glutammico, l’acido paramino-benzoico (PABA)  e la struttura pteridinica ed è stata scoperto nel 1939; trattasi di una vitamina idrosolubile identificabile nel gruppo B , tanto è vero che viene indicata anche come B9 .

Il suo nome deriva dal latino “folium“ e rappresenta un chiaro riferimento ai vegetali a foglia verde e larga, appunto ricchi di tale vitamina,  che rappresentano le più importanti fonti dietetiche di questo composto idrosolubile.

Nel gergo tecnico comune i termini  Acido Folico e Folati vengono spesso usati sinonimi ma ad essere corretti Folati e’ il termine generico per indicare tutti i composti dotati di attivita’ vitaminica B9 (acido folico, folinico, tetraidrofolato, etc.),  mentre  l’acido folico rappresenta  la forma più’ ossidata e stabile di un folato e si trova raramente negli alimenti, mentre costituisce il composto di sintesi più utilizzato nella loro fortificazione e nella preparazione di supplementi vitaminici, inclusi quelli consigliati in gravidanza.  Alla copertura del fabbisogno quotidiano di acido folico, accanto all'apporto alimentare, concorre anche una piccola quota di folati prodotta dalla flora batterica intestinale.

I composti con attività vitaminica B9 o Folati hanno in genere un'ottima biodisponibilità, sovrapponibile a quella dell'acido folico, ma risultano facilmente denaturabili con il calore, la luce, la cottura e la conservazione. Infatti la conservazione e la cottura dei cibi distrugge la quota di folati per oltre il 90% (fino al 95%) ; ad esempio , le verdure a foglia verde a temperatura ambiente in tre giorni perdono fino al 70% del loro contenuto in folati.

Oltre alla ridotta biodisponibilità negli alimenti, numerosi altri fattori intervengono nel determinare il  fabbisogno di folati, di seguito elencati:

• polimorfismo genetico ( fondamentale il polimorfismo per la metilentetraidrofolato-reduttasi MTHFR ) (vedi articolo)

• interazioni folati-farmaci

• fumo di sigaretta

• alcool

Fattori come le interazioni alimenti/alimenti e interazioni tra componenti dello stesso alimento fanno si che sia ridotta  la quota di folati mediamente del 50%

In condizioni “normali” il fabbisogno giornaliero di Folati è di circa 100-200 μg/die

L’alimentazione, per quanto corretta, in paesi come l’Italia in cui non c’è fortificazione delle farine con acido folico, non copre di fatto questo fabbisogno.

Vi sono condizioni, come appunto la gravidanza ed il puerperio, in cui il fabbisogno giornaliero di folati aumenta. Il  feto e’ un gran consumatore di folati, poiché il rapporto della concentrazione di folati tra il compartimento fetale e quello materno risulta pari a 5:1.

L’uso periconcezionale dell’acido folico e nelle prime fasi della gravidanza è efficace nel ridurre il rischio di nascita con difetti del tubo neurale (DTN) del 70%.

I DTN sono un gruppo eterogeneo di malformazioni del SNC che hanno in Italia una incidenza bassa ma non trascurabile (0,7-1‰), e comprendono la maggioranza delle malformazioni congenite severe.  E’ dimostrato in diversi studi clinici l’efficacia dei folati nel ridurre il rischio di comparsa di DTN.

E’ stato altresì dimostrato che l’acido folico previene anche la comparsa di altre malformazioni congenite quali cardiopatie, labiopalatoschisi, difetti dell’apparato urinario, ipo-agenesia degli arti, onfalocele, atresia anale, per ricordarne alcune.  

E’ opportuno ricordare  che i 0,4 mg die di folati sono la quantita’ minima raccomandata di folati da assumere da parte di tutte le donne in età “fertile”.

Una revisione della letteratura suggerisce l’esistenza di un effetto dose dipendente: ovvero tanto maggiore è la dose assunta di acido folico, tanto più elevata sarebbe la riduzione dei DTN.

Secondo l’analisi di questi studi, la dose di  4 mg previene il 70% dei DTN (100% dei DTN folato dipendenti), mentre  la somministrazione di 0,4 mg previene il 30% dei difetti del tubo neurale. 

La supplementazione di Inositolo  alla dose di 100 mg/die (somministrato come myo-inositolo) associato a 4 mg di acido folico ha ridotto ulteriormente l’incidenza dei difetti del tubo neurale.

Tuttavia studi recentissimi hanno messo in evidenza una significativa associazione fra dosi di acido folico  e rischio di autismo nel bambino, che hanno quindi fatto pensare alla necessità di una supplementazione così spinta. 

Sul versante pediatrico è da segnalare  la comparsa in letteratura di studi che evidenziano una riduzione del rischio nei bambini di sviluppare una leucemia linfoblastica acuta, grazie alla assunzione di acido folico in gravidanza (Thompson jr et al. Lancet 2001)

Come riferito dalla Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) nei LARN 2014, i folati rappresentano una delle poche carenze vitaminiche ancora presenti nella popolazione del nostro paese: il livello medio di assunzione stimato per la popolazione adulta è pari a poco più di 300 μg/person/die (LARN, 2014).

 

Assunzione Raccomandata

per person/die

Maschi adulti

18- 59 anni

400 μg

60-74

400 μg

Femmine adulte

18- 59 anni

400 μg*

60-74

400 μg

 

 

Gravidanza

500 μg

Allattamento

600 μg

Tabella 1: Livelli di assunzione di raccomandati la popolazione adulta italiana (Larn, 2014)

 

L’aumento dell’assunzione in folati indicata durante la gravidanza (500 μg/die) tiene conto delle necessità del feto e anche del maggiore utilizzo della vitamina da parte della madre e non comprende i livelli indicati per la prevenzione dei difetti del tubo neurale e delle cardiopatie congenite.

Nella figure a seguire, estratte da un articolo  della dott.ssa Stefania Ruggeri del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea), Alimenti e nutrizione, e presenti nel portale web Epicentro dell’ISS sono ben illustrate le migliori fonti di folato presenti negli alimenti, nonché come poterli distribuire nella giornata per assicurare la copertura del fabbisogno quotidiano richiesto.

Tabella di alimenti che sono fonte di folati

 

Immagine che descrive quali alimenti e in quali orari vanno assunti per garantire il giusto apporto di acido folico

In questa Figura 2  è rappresentato molto bene il folate watch, ovvero come è possibile arrivare alla copertura dei 400 μg/die  minimi necessari con l’alimentazione.

Tuttavia nel descrivere ed illustrare tutto ciò non si tiene conto di quanta realmente sia la capacità dei Folati di raggiungere le sedi tissutali ove esplicare la specifica azione biochimica a livello cellulare, ovvero la biodisponibilità.

 

Assorbimento e Biodisponibilità dell’Acido Folico   

L’acido folico è presente negli alimenti sotto forma di poliglutammato e per essere assorbito deve essere idrolizzato a monoglutammato e quest’ultimo a sua volta trasformato in tetraidrofolato.
Per il suo assorbimento si richiede l’azione di uno specifico enzima presente a livello del digiuno e della mucosa duodenale, la pteroil-gamma-glutamilcarbossilasi.  L’acido folico viene assorbito tramite un sistema di trasporto attivo e uno passivo pH-dipendenti, nel senso che  primo agisce a pH 6 per piccola quantità di folati; mentre il secondo a pH maggiore di 6 per una quantità maggiore di folati. Comunque la quota assorbita decresce con l’incremento della quantità di folati somministrata. 

Quando l’acido folico passa nel torrente circolatorio, sotto forma di tetraidrofolato, viene trasportato legato alle proteine plasmatiche nei vari tessuti dell’organismo. Nel fegato e nel plasma i folati subiscono reazioni di riduzione e metilazione che portano alla formazione di metaboliti attivi (5-metiltetraidrofolati) e di derivati poliglutammati che rappresentano le forme di deposito dei cofattori folici.  L’acido folico attraversa la barriera placentare con un meccanismo di trasporto passivo, poiché  la concentrazione di acido folico nel funicolo ombelicale è superiore ai livelli sierici materni. E’ necessario anche ricordare che questo cofattore vitamico viene escreto nel latte materno.

Sotto forma di derivati dell’acido tetraidrofolico l’acido folico entra nel meccanismo del  circolo entero-epatico (fegato-bile-intestino-fegato); la sua  eliminazione avviene principalmente con le urine e solo in piccola parte per via fecale.

L'acido folico, essendo una sostanza idrosolubile, rischia di essere perduto attraverso gli alimenti quando  questi vengono fatti cuocere troppo in acqua; inoltre bisogna menzionare che alcuni additivi alimentari, come i nitriti (presenti principalmente degli insaccati) riducono sensibilmente o addirittura distruggono i folati presenti negli alimenti.

Quando consumiamo un alimento, i nutrienti in esso contenuti vengono rilasciati dalla matrice, assorbiti dal sangue e trasportati ai rispettivi tessuti per espletare la loro azione biologica; comunque non tutti i nutrienti riescono in questo obiettivo, in quanto essi differiscono nella loro biodisponibilità.

In campo nutrizionale, la biodisponibilità di un nutriente è definita come «la frazione di un nutriente disponibile all’assorbimento intestinale in normali stati fisiologici».

I seguenti punti descrivono i diversi passaggi della via metabolica in cui possono avvenire cambiamenti nella biodisponibilità di un nutriente o di una sostanza biologicamente attiva in generale:

  • - rilascio del nutriente dalla matrice alimentare
  • - effetti degli enzimi digestivi a livello intestinale
  • - legame e assorbimento da parte della mucosa intestinale
  • - trasferimento attraverso la parete intestinale nel torrente ematico o nel sistema linfatico
  • - trasporto e distribuzione sistemica
  • - deposizione sistemica (stoccaggio tissutale)
  • - utilizzo metabolico e funzionale
  • - escrezione (attraverso le urine o le feci)

 

Capire la biodisponibilità di un nutriente aiuta a stabilirne gli apporti adeguati e ad ottimizzare le diete.

Oggi questo concetto è esteso si avvale di una visione più estesa che è la bioefficacia, cioè «la frazione di un nutriente che ha un effetto positivo su uno o più parametri funzionali».
Non è importante, quindi, solo determinare la quantità del nutriente nell’alimento e la sua biodisponibilità, ma diventa essenziale valutare anche gli effetti sugli indicatori biochimici e fisiologici e sullo stato di salute.

Nel caso specifico della vitamina B9 o acido folico, quando questo viene aggiunto ai cereali della colazione o a certe farine, risulta di solito più biodisponibile di quello naturalmente presente nell’alimento, ovvero il folato alimentare, sul quale gli studi riportano una biodisponibilità ridotta del 30-70% rispetto all’acido folico sintetico.

Molti studi riportano però dati discordanti sui livelli di biodisponibilità dei folati alimentari. Il motivo è che biodisponibilità e bioefficacia sono influenzate da numerosi fattori quali l’eventuale intrappolamento dei folati all’interno dell’alimento (legati a proteine o agli amidi), la presenza nella dieta di composti in grado di inibire l’attività della deconiugasi intestinale (enzima deputato alla loro degradazione per l’assorbimento) e le modalità di preparazione degli alimenti (come cotture particolarmente lunghe). Inoltre, la biodisponibilità dipende anche da fattori individuali (metabolismo), stati fisiologici dell’organismo (gravidanza, allattamento, ecc)  e dal genotipo.

Importanti alcune interazioni con cibi o bevande, come anticipato prima, e tra queste in particolare voglio segnalare che le catechine del té riducono l'effetto dell'acido folico: infatti sostanze come l'epigallocatechin-gallato (siglato come EGCG), presente in maggiori quantità nel tè verde (un tè non fermentato), ma anche nel tè nero (un tè completamente fermentato) e tè oolong (un tè semifermentato) agiscono a livello biochimico inibendo l'attività dell'enzima diidrofolato reduttasi che catalizza la reazione di riduzione da diidrofolato a tetraidrofolato che viene successivamente metilato a 5-metil-tetraidrofolato: la forma utilizzata dall'organismo.

Questa inibizione enzimatica porta di fatto ad una ridotta biodisponibilità di acido folico alle cellule e, durante il periodo della gravidanza, determina un maggiore rischio di difetti del tubo neurale (DTN) prima citati nell'embrione in fase di sviluppo: secondo uno studio pubblicato, l'abitudine di bere il té tutti i giorni nel periodo periconcezionale porta all'aumento di 3 volte del rischio di difetti del tubo neurale: anencefalia, spina bifida e encefalocele.

Tale interazione tra té verde, té nero e acido folico a livello di assorbimento intestinale è stata dimostrata con una riduzione dei livelli serici di folati pari al 40% circa quando il supplemento di acido folico da 0,4 mg veniva assunto rispettivamente con tè verde e con tè nero in confronto all'assunzione dell'integratore con sola acqua, mentre aumentare la dose a 0,5 mg di acido folico con tè verde o con tè nero faceva registrare livelli serici di folati ridotti rispettivamente del 27 % e del 18% circa, comparata all'assunzione dell'integratore con acqua.

La ricerca scientifica ha dimostrato negli ultimi anni come il tè possieda numerose proprietà salutistiche, quali  attività anti-tumorale, effetti antiossidanti, antiinfiammatori e anche la capacità di perdere peso corporeo; però, sulla base delle considerazioni sopra espresse,  bere una o più tazze di tè al giorno non è consigliabile durante il periodo della gravidanza sia per la presenza della caffeina  (sostanza da evitare o comunque da moderare nel periodo gestazionale) che per la presenza di catechine quali appunto l’epigallocatechin-gallato, che determinano un decremento della biodisponibilità del folato in forma attiva durante questo delicato periodo.  La concentrazione di catechine nel té dipende dalla qualità di té, dal trattamento a cui viene sottoposto, dal metodo e dal tempo di infusione.

In attesa di ulteriori studi volti ad approfondire le interazioni tra consumo di tè e acido folico in gravidanza è comunque bene moderare l'uso di questo infuso e certamente ricordare di non assumere il supplemento di acido folico insieme ad una tazza di tè.

Negli ultimi tempi le aziende produttrici di supplementi vitaminici mirano a formulare l’acido folico come composto nella forma attiva, cioè il 5-metil-tetraidrofolato (5MTHF) o acido folinico. Tuttavia il razionale del suo impiego è giustificato solo nella terapia con metotrexato ad alte dosi nei tumori e nelle leucemie e questo perché questo chemioterapico blocca l'azione enzimatica della di-idro-folatoreduttasi necessaria a trasformare l'acido folico a di-idrofolato e quindi a tetra-idrofolico.               

La somministrazione della forma attiva acido folinico consente quindi di saltare la reazione enzimatica che richiede l’enzima di-idro-folatoreduttasi e produrre 5-10-metilene-THF, il precursore metabolico dell'acido folico attivo, ovvero il 5MTH. 
La giustificazione nell’impiego dell’acido folinico rispetto l'acido folico, in assenza di farmaci come il metotrexate, trova una spiegazione nel fatto che esso supererebbe il blocco enzimatico dovuto all'eventuale presenza di polimosfirmo genetico dell'enzima 5MTHFR (vedi questo articolo), anche se è necessario ricordare che il blocco dell'enzima non è mai totale.
Inoltre è opportuno far notare che  la pressoché totalità della letteratura mondiale fa sempre riferimento all'acido folico nella prevenzione dei DTN e nei casi di iperomocistinemia.

Invece può fare una grande differenza  la forma farmaceutica del preparato per assumere la quota giusta di folato durante la gravidanza.

Una soluzione ottimale per risolvere i problemi legati alla ridotta biodisponibilità elencati in precedenza può essere costituita dalla somministrazione di folato in formulazione colloidale spray finemente dispersa per via sublinguale o intra-orale, che ne favorisce pienamente l’assorbimento trans-mucosa garantendone il pressoché totale passaggio nella circolazione sistemica.  

Un colloide è una sostanza che si trova in uno stato finemente disperso, intermedio, come dimensioni delle particelle, tra la soluzione omogenea e la sospensione eterogenea

 

I colloidi presenti con carica superficiale negativa, si respingono a vicenda stabilizzando il sistema della dispersione fine, permettendo quindi il trasporto a destinazione delle sostanze a loro “intrappolate/incollate” attraverso il sistema di distribuzione (sanguigno, linfatico e quello dei liquidi extra cellulari, che possiedono anch’essi una natura colloidale) dai liquidi biologici fino all’interno delle singole cellule nei tessuti: tutto questo si traduce in una  elevata biodisponibilità dei principi attivi veicolati, in  questo caso dell’acido folico. 

Per concludere, risulta importante garantire la dose adeguata di acido folico in gravidanza al fine di evitare una serie di problematiche che includono danni al feto e non solo, ma risulta anche determinante la formulazione con la quale si apporta tale quantità, per assicurare la biodisponibilità a livello cellulare e mettere le basi di una reale “bioefficacia” del principio vitaminico.

 

 

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Ritratto di Mauro Miceli

Posted by Mauro Miceli

Nato a Firenze il 14.03.1955, dopo gli studi superiori consegue la laurea presso la Facoltà di Farmacia con indirizzo in Chimica Farmaceutica; successivamente  entra alla Facoltà di Medicina come interno presso l’Istituto di Farmacologia e Tossicologia dell’Università di Firenze dove consegue la Specializzazione post-laurea in Farmacologia. Prosegue quindi gli studi per il conseguimento della  laurea in Scienze Biologiche e successivamente consegue la seconda Specializzazione  in Biochimica Clinica presso l’Università di Pisa con una tesi sperimentale  pubblicata su rivista internazionale.
E’ coautore di circa 30 pubblicazioni scientifiche indicizzate su PubMed con un valido impact factor, oltre a numerosi comunicazioni a vari congressi scientifici.  
Dagli anni 80’ insegna dapprima presso le Scuole Sanitarie della Regione Toscana e successivamente, dal 2003 a tutt’oggi, ricopre l’incarico di docenza presso il Corso di Laurea in Tecniche di Laboratorio Bio-Medico dell’Università di Firenze dove insegna al corso integrato di Scienze e Tecniche della Medicina di Laboratorio e Laboratorio I. 
Si occupa da molti anni di Fitoterapia, Alimentazione Funzionale e Nutraceutica e concepisce la docenza come una vera missione per la corretta diffusione della cultura scientifica. 
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