Dorme tutta notte? Dove dorme, nel lettone? Devi abituarlo sin da subito ad addormentarsi da solo e nella sua cameretta!

Queste sono solo alcune delle domande e/o commenti ai quali le neomamme e i neopapà si trovano molto spesso a rispondere o a fornire una serie di spiegazioni e giustificazioni  forse solo per colludere con le aspettative altrui o con le credenze popolari più diffuse o per paura di un possibile giudizio in merito alle scelte intraprese.

La tematica sonno è sempre molto complessa e allo stesso tempo delicata per ogni famiglia, la privazione di sonno è qualcosa di devastante che mette tutti a dura prova.

Se ti ritroverai a leggere quest’articolo sappi che il mio obiettivo  è semplicemente  quello di informare o meglio divulgare quella che è  la fisiologia del ritmo sonno veglia per portare l’adulto a compiere scelte libere e consapevoli o per trovare delle risposte ai tuoi “perché”.

Non parlerò di metodi nè tanto meno nè fornirò uno, non esistono ad oggi metodi dimostratisi efficaci e soprattutto validi scientificamente: questo rappresenta già un falso mito da sfatare. Purtroppo vengono proposti una serie di metodi definiti “comportamentali” in quanto il loro obiettivo è quello di estinguere un comportamento problema: il risveglio.

Come e in cosa differisce il sonno dei neonati da quello degli adulti?

Il sonno è  caratterizzato da due fasi REM e NREM:

. Sonno Rem (Rapid Eye Movement): fase di sonno attiva  caratterizzata da rapidi movimenti oculari, maggior afflusso di sangue e ossigeno nel cervello oltre che essere la fase in cui emergono i sogni.

. Sonno Nrem: fase di sonno più profonda caratterizzata dall’assenza di movimenti sia oculari che corporei. Questa fase inoltre, è suddivisa a sua volta in 4 stadi secondo un ordine crescente di profondità.

Il passaggio da una fase all’altra di sonno  viene definito “periodo vulnerabile” ovvero il momento in cui il risveglio è più probabile. Se noi adulti in modo autonomo siamo in grado di riaddormentarci anche senza accorgerci o ricordare questi risvegli , ciò non accade nei bambini. In particolare, ciò che cambia rispetto a noi adulti è la  durata e la ciclicità stessa del ritmo sonno veglia.

Possiamo affermare come:

- i bambini hanno un sonno diverso da quello degli adulti: si passa in media dalle 15/20 ore di sonno di un neonato nell'arco delle 24 h alle 5/6 ore tipiche di una persona anziana, chiaramente poi ogni individuo è a sé

- il sonno ha un carattere ciclico:  nell'adulto ogni ciclo dura circa 90 minuti, nel bambino la sua durata varia ed è correlata ai  mesi/età del bambino.

Da questo si evince come nei primi 15 giorni di vita un neonato trascorrerà principalmente il 50% del suo sonno in fase Rem per cui è difficile che dorma profondamente. Questo dato deriva anche dal fatto che gli stadi Nrem 3 e 4 di sonno profondo compaiono indicativamente solo dopo il 3 mese di vita quando inizia la secrezione della melatonina, l’ormone che permette il riconoscimento e l’instaurarsi del ritmo luce buio.

Nel corso dei mesi successivi, anche la distribuzione delle ore dormite nel corso della giornata cambierà: si passerà dalle 4-5 ore di un neonato di 3 mesi durante il giorno alle 2-3 ore di un bambino di 9 mesi.

Ritmi di sonno simili a quelli degli adulti compaiono solo partire dai 3 anni di età, momento in cui diminuirà sia  la frequenza che la quantità dei risvegli notturni.

 

Qual è la funzione e il significato dei risvegli notturni nei bambini?

I motivi per cui un bambino si risveglia possono essere molteplici dettati magari anche dal suo temperamento e ambiente circostante, nonché dalla sua variabilità individuale.

Sicuramente la notte rappresenta il momento della giornata in cui la casa è immersa nel silenzio, non ci sono rumori o stimoli in grado di rassicurare; i neonati non conoscono e non sono abituati al silenzio poiché per 9 mesi sono stati sempre accompagnati da vari stimoli sonori sia intra che extra uterini.

Inoltre, durante la nanna  il bambino è separato dalla propria figura di riferimento e questo determina paura/angoscia:  la paura dell’abbandono è una delle prime paure ricorrenti nei primi mesi di vita. Il bambino attraverso il pianto che è il suo canale comunicativo, esprime la sua emozione e il suo bisogno: il bisogno di essere rassicurato e il  bisogno di contatto.

Il ruolo dell’adulto è quello di riconoscere e accettare l’emozione del proprio bambino il che favorisce una sintonizzazione emotiva in grado di modificare e traformare l’emozione negativa in emozione positiva. Per una fisiologica immaturità cerebrale, il neonato non è in grado di pensare che le sue figure di riferimento sono lì con e vicino a lui anche di notte per cui ecco che si verifica il risveglio.

Altre motivazioni alla base dei risvegli sono i periodi di sleep regression: fasi regressive del sonno caratterizzate da maggiori risvegli che si presentano in specifiche fasi dello sviluppo soprattutto quando emergono nuove competenze, abilità motorie o linguistiche.

E poi ancora maggior risvegli possono presentarsi durante l’eruzione dei dentini, in presenza di malattie stagionali, inserimento al nido, ritorno  a lavoro della mamma e di altri e importanti cambiamenti.

Cosa succede invece in presenza del pianto protratto del bambino?

E’ una condizione in cui il bambino produce tantissimo cortisolo che è l’ormone dello stress e attiva una serie di processi per fronteggiarlo. E’ vero che il bambino prima o poi smetterà di piangere ma questo non è un segnale di autonomia o indipendenza, è una normale difesa messa in atto in quanto inondato da ormoni dello stress e si trova costretto a trovare un modo per non esserne sopraffatto, si adatta per sopravvivere; non piango più perchè nessuno risponde al mio bisogno, mi rassegno e questo può rivelarsi dannoso per il suo futuro sviluppo psichico.

Quali strategie adottare per favorire un sonno più sereno?

Ogni famiglia in base a una serie di variabili e caratteristiche legate sia al prorio essere genitore, al proprio vissuto e storia personale oltre ad una serie di caratteristiche appartenenti al bambino è competente ed  in grado di scegliere e applicare le strategie migliori e del tutto personali. Si può ricorrere per esempio al coosleeping  come anche al bedsharing ovvero alla condivisione del lettone, assicurandosi che ci siano tutti gli elementi necessari per una nanna in sicurezza.

Da molte ricerche si evince come può rivelarsi utile creare un rituale serale prima di andare a letto in quanto le routine oltre ad essere rassicuranti favoriscono il consolidamento della percezione spazio- temporale. Per esempio si potrebbe fare un bagno caldo per rilassarsi, leggere dei libri, creare un ambiente rilassante con luci soffuse o musiche si sottofondo. Si sconsigliano invece  giochi che agitano, guardare la tv o utilizzare dispositivi elettronici.

Ritratto di Elena Romeo

Posted by Elena Romeo

Mi chiamo Elena Romeo e sono Dott.ssa in Psicologia Perinatale, coordinatrice ed educatrice asilo nido.
Il ruolo del genitore e quindi l'identità materna e parterna vengono spesso messi in discussione, creando etichette e attribuendo giudizi. Il mio lavoro nonchè la mia passione è quella di sostenere la famiglia e ciascun membro che la compone nella sua unicità.
E' vero non è tutto semplice, tante sono le fatiche e i momenti di crisi da superare ed è proprio qui che il mio obiettivo è quello di accogliere, sostenere e attraversare insieme a voi questi "scatti di crescita", riscoprendo le più intime e preziose risorse personali.

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