Il latte materno è una ricca fonte di cellule staminali multipotenti quindi in grado di trasformarsi in molte cellule diverse: è la scoperta di Foteini Hassiotou, una ricercatrice del gruppo di studio della University of Western Australia (UWA) che già nel 1997 aveva isolato alcune cellule staminali nel latte materno.

I risultati della ricerca, presentati al 7° International Breastfeeding and Lactation Symposium di Medela (Vienna, 20-21 aprile 2012), sono molto rilevanti in quanto i dilemmi etici sull'uso delle staminali embrionali hanno costituito fonte di ritardi o blocchi sugli investimenti in ricerca scientifica.

La ricerca scientifica ha bisogno proprio di questo tipo di cellule staminali: avere quindi una riserva di facile reperimento, in individui adulti, può essere motivo di speranza per tante famiglie in attesa di una cura per alcune malattie degenerative. 

Dice Foteini Hassiotou: “Grazie al sostegno di Medela è stato possibile effettuare ulteriori passi avanti nel campo della ricerca, dimostrando ancora una volta come il latte materno non sia solo un semplice nutrimento per il bambino. Queste staminali possono diventare cellule di tessuto osseo, cartilagineo, adipose, pancreatiche, epatiche, neuroni. E’ proprio questo il loro valore: stimolandole opportunamente in provetta è possibile ‘trasformarle’ in cellule specializzate di diversa e svariata natura. D’altra parte ancora molte domande rimangono insolute, in particolare stiamo ancora studiando il ruolo di tali cellule nei bambini allattati al seno.”

Possiamo dire, nel caso ancora non ne fossimo abbastanza convinte, che il latte materno è una fonte davvero preziosa per la vita.
Ci piace che sia una donna ad avere fatto questa scoperta e che per questa sia stata premiata col premio AusBiotech-GSK Excellence Award 2011.
La ricerca è stata finanziata da Medela, una azienda che ricopre un ruolo fondamentale nella ricerca e produzione di dispositivi per l’allattamento e la neonatologia (ma non solo).

Video intervista a Foteini Hassiotou (inglese)

 

Foto di Bruna Zavattiero

 

 

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